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 Archeologia in Campania
 Aree archeologiche a rischio: e la manutenzione?
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Marianna Vitiello
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Italy
154 Posts

Posted - 08 aprile 2010 :  19:08:29  Show Profile  Visit Marianna Vitiello's Homepage
Conversazione con Fabiano Ferrucci di Marcello Mottola

La vicenda del crollo alla Domus Aurea ha messo in evidenza, in modo drammatico, la fragilità del nostro patrimonio archeologico.
Una volta delle gallerie traianee è crollata e l’'intera area del Colle Oppio è a rischio a causa delle infiltrazioni d'acqua. Oltre alla Domus Aurea, interessata da un lungo restauro prima di essere riaperta al pubblico e nuovamente richiusa, sono in pericolo le Terme di Traiano con la Cisterna delle Sette Sale, le esedre ed il Criptoportico. Nella capitale risulta inoltre altrettanto critica la situazione degli acquedotti e delle Mura Aureliane, che nell'aprile del 2001 crollarono per un tratto di venti metri.
Come avviene in Italia, ogni volta che si verifica una frana o un dissesto geologico, se ne individua la causa nell'eccezionale abbondanza delle piogge. Viene dunque da chiedersi che fine abbiano fatto gli strumenti di prevenzione di cui si parla da almeno trent’anni, la manutenzione, la conservazione programmata e la carta del rischio.
Il patrimonio archeologico, e non solo quello della capitale, ha bisogno di cure continue. In alcuni casi, come in quello della Domus Aurea, si tratta di situazioni realmente complesse da affrontare, anche dal punto di vista progettuale, ma nella maggior parte delle aree archeologiche italiane il reale problema è la manutenzione che comprenderebbe una serie di operazioni che vanno dal semplice taglio dell’erba al consolidamento di intonaci e dipinti.
In merito a Fabiano Ferrucci, professore di restauro presso l’Università degli Studi di Urbino, abbiamo posto alcune domande.

Quello del marzo 2010 non è il primo crollo che avviene alla Domus Aurea. Perché proprio questo edificio, voluto da Nerone dopo l'incendio nel 64 dopo Cristo, è così difficile da preservare?

La Domus Aurea fu oggetto di damnatio memoriae e quindi completamente interrata per farne sparire ogni ricordo; al di sopra furono successivamente costruite le terme di Traiano. Si tratta di un edificio che oggi si ritrova sotto un giardino, quello dell'area del Colle Oppio. La zona al di sopra delle gallerie non è impermeabilizzata e quindi migliaia di metri cubi di terra intrisa d’acqua gravano sulle strutture antiche di duemila anni.
In campo archeologico la vera sfida è riuscire a far sopravvivere parti di edifici o di strutture pensate e progettate in origine come “organismi” architettonici completi e solo successivamente trasformati dal tempo e dall’uomo in qualcosa d’altro. Nel caso della Domus Aurea si tratta di una serie di volte decorate da stucchi ed affreschi, al di sotto di una collina erbosa. Sopra la terra e sotto l’edificio; il contrario di quanto la logica costruttiva vorrebbe.
Lo scienza del costruire insegna che ogni edificio ben progettato nasce come un organismo in cui l’utilizzo dei materiali avviene secondo le caratteristiche proprie di ognuno e ogni parte svolge una precisa funzione. Alcuni elementi sono posti a protezione di altri e l’insieme così sopravvive.
Per risolvere il problema conservativo della Domus Aurea, quindi, andrebbe ripensata la sovrastruttura.

Si tratta di interventi che richiedono ingenti fondi?

La tipologia degli ambienti ipogei, di cui la Domus Aurea rappresenta uno degli esempi maggiormente noti, si dimostra tra le più complesse da trattare.
Non sono solo i soldi il problema: per casi così delicati ci vogliono progetti ben studiati, altrimenti si rischia di causare danni maggiori. Pertanto l’idea di sbancare il terreno sovrastante mettendo in luce l’edificio, come anche quella di intervenire in modo generalizzato con una impermeabilizzazione, vanno ponderate con attenzione. Infatti come ben sappiamo, interventi drastici inducono sempre stress microclimatici violenti in grado di danneggiare inevitabilmente i dipinti e gli stucchi, ovvero la parte più delicata e preziosa dell’edificio, quella che si può considerare “la pelle” dell’organismo architettonico.

Oltre ai soldi cosa serve?

Gli elementi necessari per affrontare i problemi di conservazione del patrimonio archeologico sono molteplici: ci vogliono fondi, progetti mirati e ben ponderati frutto di equipe di esperti, imprese ed operatori selezionati in modo corretto attraverso leggi volte agli interessi della tutela e non a quelli del mondo imprenditoriale. Altrimenti si continueranno a sprecare soldi facendo regali ad imprenditori e funzionari corrotti e le aree archeologiche rimarranno in uno stato di emergenza permanente.

Stanziamenti per la manutenzione e per i restauri; appalti trasparenti in un reale regime di libera concorrenza tra professionisti e tra imprese qualificate che garantiscano un livello di qualità alto degli interventi. Questi elementi di cui parla sembrerebbe lontani dalla realtà, che è ormai in balia di un rinnovato connubio di collusione tra politica ed imprenditoria?

Secondo i dati del Fondo Ambientale Italiano, “la cifra destinata dallo Stato ai Beni Culturali - attualmente lo 0,28% del Bilancio - è infinitamente più bassa rispetto agli altri Paesi Europei, come la Francia, la Germania e il Portogallo, nonostante il patrimonio artistico dell'Italia sia enormemente ricco e grandioso”.
C’è quindi un problema generale di carenza di risorse unitamente ad un indirizzo politico determinato, che procede da anni verso il depotenziamento della struttura del Ministero dei Beni culturali.
I finanziamenti sono ridotti all’osso ed è difficile trovare i fondi per la manutenzione. Archeologi e restauratori del Ministero hanno difficoltà anche a spostarsi sul territorio per via dei costi delle missioni. Molti soprintendenti vanno in pensione e non vengono sostituiti; così le sedi vacanti sono assegnate, ad interim, a colleghi già oberati di lavoro. Se si aggiunge che l’età media di tutti i dipendenti è di 52 anni e che, fra il 2011 e il 2015, arriveranno alla pensione tutti i funzionari assunti fra fine anni Settanta e i primi anni Ottanta, quindi buona parte dell’organico, si intuisce la triste prospettiva che attende il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Ultima notizia allarmante è il blocco delle risorse finanziare del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali in Lombardia.

Di che si tratta?

La pinacoteca di Brera ed il Cenacolo hanno rischiato di rimanere chiusi nel giorno di Pasquetta a causa di un contenzioso generato nel lontano 1974 da un progetto predisposto alla ricostruzione di alcuni fabbricati nella località Civita di Atripalda, in Campania, e finito nel 2010 con un pignoramento che ha bloccato i fondi degli istituti milanesi che fanno capo al Ministero dei Beni Culturali. Il Ministero dovrebbe pagare 114 milioni di euro. E’ una cifra enorme per le risorse ministeriali e mette a rischio, oltre l’ordinaria gestione, anche restauri già appaltati, tra cui la Sala delle Cariatidi a Palazzo Reale e quelli al Museo della Scienza di Milano, Villa Reale di Monza, e numerose attività di conservazione, quali ad esempio il monitoraggio dell'Ultima Cena di Leonardo.

Oltre alla carenza di risorse è mutato anche il modo di gestione dei fondi. Il depotenziamento degli organi ministeriali è andato di pari passo con l’istituzione di commissari straordinari di nomina politica che possono affidare consulenze, incarichi e appalti. Non si rischia che la manutenzione, così vitale nelle aree archeologiche, ma che fa poca notizia, venga trascurata a favore delle grandi mostre o dei restauri di monumenti simbolo, ovvero di quelle “operazioni” tramite le quali il ritorno d’immagine è immediato?

A parte i casi oggettivamente difficili da trattare, come quello della Domus Aurea, buona parte del patrimonio archeologico necessiterebbe solo di una maggior cura, di prevenzione, manutenzione e limitati interventi di restauro da effettuare prima di arrivare alle situazioni di emergenza, ai crolli e alla perdita progressiva e silenziosa di intonaci, dipinti e mosaici.
I Grandi Eventi, capaci di attrarre un ampio pubblico e animare un marketing intorno ai beni culturali, dovrebbero essere il modo per recuperare maggiori risorse da investire nella manutenzione e nei restauri e non l’occasione per dirottare i pochissimi fondi su grandi mostre, acquisti-simbolo e restauri-spettacolo, rinunciando così, irreparabilmente, alla manutenzione ordinaria del patrimonio diffuso sul territorio.

fonte: Agenzia radicale
Arte & Dintorni: Aree archeologiche a rischio. E la manutenzione?
Conversazione con Fabiano Ferrucci giovedì 08 aprile 2010
http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id=10133&Itemid=40
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