A 30 anni dal terremoto Il Comitato di Portosalvo evidenzia i gravi danni che sono tutt’ora presenti nel centro storico di Napoli.

23 novembre 1980 ore 19,35…..la scossa infinita!

Nei Decumani decine di palazzi, chiese e monumenti di gran pregio risultano ancora malamente “segnati dal sisma” e sono completamente abbandonati sotto le impalcature arrugginite.
Si allunga l’elenco degli “edifici pericolanti” nell’area Unesco…

giovedì 18 novembre 2010

La chiesa della S.S. Trinità alla Cesarea

Sono passati 30 anni da 23 Novembre 1980. In quella sera si verificò il più disastroso terremoto della seconda metà del secolo scorso, con una scossa di magnitudo 6,5 Richter. Il sisma causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e 2.914 morti. Le traumatiche conseguenze di quel cataclisma si osservano ancora ora.

In tutti questi anni del dopo terremoto, a Napoli, non è stata chiusa la triste pagina della ricostruzione. Gli echi della tragedia sono tristemente presenti osservando quella parte di patrimonio, quello storico, artistico e chiesastico della città, ai cui dovrebbe essere riservata la maggiore attenzione.

Dopo il terremoto di quella sera di novembre sono state chiusi centinaia di edifici monumentali. Oggi, a trent’anni di distanza da quella scossa, le chiese serrate da lucchetti, i monumenti mutilati dai crolli, i palazzi storici abbandonati a loro stessi si perdono a vista d’occhio e nel cuore della città se ne contano facilmente almeno 40.

La chiesa di Santa Maria di Vertecoeli, che versa in pessime condizioni ed è chiusa al pubblico dal 1981e le vetrate dell'oratorio accanto alla chiesa, rischiano di crollare. La gigantesca chiesa di S. Agostino alla Zecca, chiusa a causa dei danni subiti durante il terremoto del 1980, non è stata ancora riaperta e versa in un grave stato di abbandono e degrado. Lo stesso dicasi per S. Giovanni Battista delle Monache, sempre nel centro storico, dove, oltre al terremoto del 1980, fu il tentato restauro del 1982 ad aggravare le condizioni statiche causando il crollo della volta e della cupola. Oppure la sua dirimpettaia S. Maria della Sapienza, il cui interminabile restauro è previsto alla fine del maggio 2010. Qui l’edificio religioso è stato aperto soltanto in occasione del maggio dei monumenti 2005, risultando, sia artisticamente che strutturalmente, gravemente danneggiata a causa di infiltrazioni d'acqua.

L’elenco è lungo e comprende anche i luoghi a pochi passi dalla centralissima piazza Dante, ovvero della cosidetta Cittadella Sacra, composta da una lunga serie di monasteri e conservatori tra cui spiccano il Complesso di Gesù e Maria, un monumentale complesso architettonico di Napoli costituito da un convento (oggi adibito ad ospedale) e dalla chiesa, la cui porta d’ingresso è stata murata con pietre di tufo per impedire il furto dei preziosi marmi dell’altare. O come la chiesa di San Giuseppe delle Scalze a Pontecorvo, che prima del terremoto conservava anche un dipinto di Luca Giordano, oggi rimosso e conservato al museo di Capodimonte per fini tutelativi, chiusa al pubblico mentre un enorme parapetto in acciaio ricopre tutto l’andamento orizzontale della facciata al fine di proteggere i passanti da possibili crolli.

Nella lista degli edifici a rischio, trent’anni dopo il terremoto del 1980, possono essere inclusi la Chiesa di Santa Maria in Cosmedin, chiusa da oltre un secolo, ma in grave stato di degrado dopo il terremoto, o Sant’Agnello a Caponapoli, danneggiata dal sisma e tartassata dagli atti vandalici e dai furti delle opere d'arte e dei marmi.

Sono questi alcuni esempi più eclatanti della cattiva gestione post terremoto da parte delle amministrazioni regionali e comunali. Sorprende quindi come proprio in questi giorni, dopo il crollo della Schola Armaturarum, la Casa dei gladiatori a Pompei, l’amministrazione comunale tenti di strumentalizzare l’evento disastroso avvenuto Scavi per richiedere altri fondi per portare a termine il restauro del Reale Albergo dei Poveri dimenticando le disatrose condizioni in cui versano Palazzo Penne, Palazzo Maddaloni o Palazzo D’Avalos. O ancora, le chiese di S. Maria a Piazza, della S.S. Trinità alla Cesarea, dei santi Cosma e Damiano e soprattutto di S. Carlo alle Mortelle ai quartieri spagnoli… Dove sono finiti allora i 90 milioni di euro impiegati nel lontano 2001 per i lavori di consolidamento ed i quasi 39 milioni di euro stanziati nel 2005 per la realizzazione della “Città dei Giovani”?

Se è vero che l’interna struttura è in condizioni spaventose va sottolineato che l’Albergo dei Poveri, un esempio ineguagliabile della magnificenza civile del 1700, la cui facciata si estende per un fronte continuo di 354 metri, circa cento metri in più rispetto al prospetto della Reggia di Caserta, è un luogo dove da anni si deve quantificare lo spreco e prendere atto di come, per non perdere quei pochi finanziamenti europei che comunque sono arrivati a Napoli, l’amministrazione locale ha predisposto monumentali progetti fuori dalla realtà di un centro storico che necessiterebbe invece di centinaia di veri cantieri di restauro e manutenzione. Soldi richiesti, fondi concessi e soldi dispersi….. Questo il panorama sul recupero dei beni culturali in trent’anni di emergenza post terremoto.

Vedi il servizio fotografico Napoli Pericolante

::: Tratto dal sito: www.Portosalvo.org - (venerdì 26 aprile 2024) :::